Psicoanalisi del tradimento

Tradire è sempre tradire un sogno, è condividere con un reale che non attribuisce valore ai sogni, né può accoglierli. E’ anzi il taglio tra il vero ed il reale. E’ la rinuncia ad un inizio, un ritiro delle acque dal fondo marino, decidere di non giocare mai più. E’ una rinuncia al possibile. E’ tradimento di sé per fedeltà alla Cosa primigenia. Ad essere uno con la Cosa che tutto può e brucia ciò che nasce. Ogni tradimento è un’aggressione plausibile nella sua ferocia, nella mimesi di proposte d’amore. E’ attingere allo spazio quando il tempo non cinge più i sogni. Geografia dell’illecito, concretezza di una tela che non è sufficiente a vivere. Solitudine sfuggita nell’apparire, ma confermata come fedeltà assoluta al passato, rinuncia al possibile in virtù di un amore di sé che cancella parte di ogni biografia d’amore. Se il pensiero non sostiene il legame, collegandolo al sogno costantemente, è possibile il tradimento come perdita di ogni rêverie dell’incontro. Se il pensiero cessa di essere pensiero del sogno, si riempie di elementi, grezzi, associazioni impure la cui continuità è sospesa, attende una mente che la pensi, con W. Bion. Allora il tradimento è una rinuncia al pensare, rinuncia a vivere nei boschi, allo stupore di una promessa compiuta. E’ l’esito dell’incontro con la morte, morte di un’illusione lasciata cadere per incuria, perché fedeli all’idea che il silenzio non abbia un canto interiore, perché mancò lo sguardo alle campane silenti di C. Parmiggiani. Si declina dall’invito di una “geometria in fieri”, con C. Argan, che accompagna ogni legame e dona struttura alle immagini sospese del sogno-vivente. Tradire è dunque tradire un pensiero, a favore di un proto-pensiero, un agito che segna un limite al possibile. Sostituisce il pensiero muto con un agito di ferro, che interrompe ogni costellazione fin lì raggiunta. E’ un far cadere l’altro per non cadere. E’, infatti, la proiezione di un cadere inevitabile, dove il pensiero mancò. Perdita dell’èpos, resa alla fatticità del reale. E’ un ritorno alla Madre, alla sua pittografia situata fra segno e simbolo. Impossibilità di spazi transizionali della mente ove miscelare il dubbio con i fiori. Sottrarsi alla contemplazione di sé e dell’Altro, chiusura di palpebre e chiusura dei sogni. Chiusura di una comprensione più fine e maggiore di ciò che vive nel buio. Rifiuto della notte e dei suoi simboli. Luce accecante dell’onnipotenza dell’Io che uccide l’Altro per non morire. E’ possibile infatti comprendere il tradimento come un atto suicidario trasferito in un atto. Si pone fine ad un sé per ritrovare l’onnipotenza primaria sul reale, quando il reale non è più oggetto di un pensiero. Tradire è una risposta maniacale ad un lutto irrisolvibile altrimenti. Sacrificio all’altare del cielo delle speranze novelle che fecero dar vita alla prima fuga nel bosco. Ogni tradimento, infatti, è tradimento di sé, è un’adolescenza tradita. Improvviso irrompere di un divieto a sognare la libertà dei trabocchi. Malinconia risolta in un agito dolente e incancellabile, graffio su un campo di lino prezioso. Fine dei giochi e compimento della Todestrieb.

Nome spettacolo
  1. avatar Dott.ssa Maria Rita Ferrisays:

    Psicoterapeuta Psicoanalitico
    Formazione Psicoanalitica post Lauream
    “Ciò di cui vi parlerò segue le linee guida di una narrazione inconscia. Vi invito, quindi, ad ascoltare con quella parte della vostra mente che accoglie i sogni.”