Paris, Texas: psicoanalisi II

Quando il dolore è senza nome, come nello sguardo di Travis, i piccoli oggetti che accompagnano, muti, il quotidiano esistere, divengono sicurezze irrinunciabili: delicata è la scena in cui Walter, vero Frater dell’Io, quindi Io ausiliaro che guida dolcemente verso la prova di realtà filtrandone gli aspetti più duri, gli consegna il sacchetto delle sue “piccole cose” lasciate nella clinica, borsa delle immagini perdute, immagini assenti da cui nasce il deserto interiore, o ancora il calore con cui cerca di convincere la custode delle macchine a noleggio a trovare l’automobile (che rappresenta l’insieme della coscienza) precedentemente usata, in cui Travis possa tornare a viaggiare. Nella casa di Walter è interessante notare, tra le altre, la scena in cui Travis raccoglie le scarpe di tutti e le lucida, tenendole accanto a sè, mentre guarda, sognante, volare gli aerei. Tra i diversi significati simbolici della scarpa, ricordiamo che essa evoca l’idea del viaggio, ma ancora il poter prendere contatto con la realtà: Travis desidera inconsciamente avere delle “buone scarpe” che poggino sul reale, sorreggano l’Io e non lo facciano vacillare nel cammino. La scarpa inoltre indica simbolicamente un’identificazione con la persona (ricordiamo la fiaba di Cenerentola): Travis, quindi, aspira ad avere un buon contatto con la famiglia che lo accoglie, ma non potendo aprire il suo Sé all’Altro-i, si prende cura dell’insieme delle scarpe che li rappresenta. La famiglia, che rappresenta la famiglia psichica, nell’amplificazione archetipica conduce alla divinità tutelare del focolare domestico, Estia, che gli studiosi archetipici identificano nella centratura psichica: non può esservi ricostruzione psichica in assenza dell’intervento di Estia che riconcentra la psiche. Ricordiamo inoltre che nella lingua cinese la parola “scarpa” è pronunciata come l’espressione “intesa reciproca”: é un desiderio di accordo col mondo che inizia a nascere in Travis, e si rivela come desiderio di buone identificazioni nella richiesta che rivolge a Walter di scambiarsi gli stivali. Travis si propone quindi di affrontare tragitti ancora più difficoltosi, tanto che propone al fratello lo scambio degli stivali. L’immagine dello stivale ha in sé una valenza magica di attraversamento e superamento: si apre per Travis, nel desiderio di identificazione, la possibilità dell’”oltre”, rappresentata dall’immagine dello stivale. Nel suo sguardo rapito verso gli aerei è possibile intuire un sogno di leggerezza dell’essere, un desiderio di ritrovamento di un buon involucro psichico che lo contenga e lo sollevi per poter errare nell’aria e torni a dare respiro alla fantasia e buone scarpe per percorrere il mondo.Toccante la scena del filmino proiettato in casa, che raccoglie scene di serena intimità. Suggerisce un universo di scambio affettivo, dove l’assenza di parola offre leggerezza alle immagini, che si rivela nel passaggio del cappello di paglia (leggero anch’esso) di Travis al bambino e alla moglie, quasi fosse un piccolo, magico rito che unisce i pensieri, sancisce il legame. Il “volo” affettivo si completa nel lieve volteggiare di Jane, divenendo danza nei piccoli passi che Travis e il piccolo Hunter improvvisano. L’immagine del cappello è quella del grande mediatore cielo-terra, che trattiene il Puer nella terra e gli impedisce di disgregarsi nel volo verso la solarità. Il mondo emotivo sembra sciogliersi in Travis ed il desiderio di contatto con Hunter lo sospinge a vivere ancora, a riunirsi con quell’immagine di sé, che dal filmato forse è giunta al suo cuore, per poter essere padre ancora. Il Puer, prigioniero di un ineffabile passato infantile, non riesce a far vivere dall’interno un sogno di paternità: nella ricerca di un vestito per “sentirsi padre” cercherà, sui fogli di un giornale e con una piccola aiutante, l’immagine esteriore in cui collocare il desiderio, che il piccolo Hunter accoglierà. E’ lui, infatti, l’unico della sua famiglia, a mantenere in sé un sogno intatto di felicità degli affetti (“Non ti ho mai sentito morto” confida al padre “ho sempre sentito che c’eri ancora, da qualche parte, in qualche modo, e per la mamma lo stesso”). Travis sente di essere vivo nella mente del bambino, che con il suo amore ha mantenuto integra la sua immagine, senza fratture: può forse calmare la sua sete. Deliziosa la scena in cui l’avvicinamento fra padre e figlio, quando tornano insieme dalla scuola di Hunter, inizia con il gioco di imitazione a distanza dei passi, in cui ognuno cammina per l’altro, immagine evocatrice della scena dell’antico gioco infantile conservata nel filmino. Tale immagine rimanda alla coniunctio figliopadre, in cui il bambino interiore torna a nascere. Il ristabilirsi del legame con il figlio esita in Travis nuove direzioni. L’andatura di Travis, d’altronde, parla per lui: molto diverso dall’errare catturato in un sogno, nelle scene iniziali, è il suo passo mentre si dirige verso Walter per comunicargli che andrà in cerca di Jane, e sicure le sue parole: “Io la ritrovo… lo sento”. L’immagine solitaria di un folle che grida al mondo la sua fine, che Travis incontra, rappresenta una parte di sé interna, una sua posizione esistenziale antecedente, quando errava nel deserto, prima di ogni incontro, immagine del suo grido lanciato nel vuoto generato dall’assenza dell’Altro e di sé. L’avere un progetto offre ora una decisione interiore molto forte, come se il suo mondo interno avesse trovato una nuova compattezza. Tale cambiamento interiore verrà da lui espresso inconsapevolmente nelle parole che rivolge a Walter sull’impalcatura dei pannelli pubblicitari dove Walter lavora: ”Viste da quassù le cose non sembrano le stesse…sembrano meglio da quassù.”. E’ il suo mondo interno che prende forma intorno a un progetto di riparazione, intorno allo svilupparsi di un punto di vista psichico che si “solleva” dagli oggetti interni, li può osservare e ordinare. La narrazione ora diviene più altamente drammatica in quanto disvela la storia degli affetti di Travis, dove immagini del passato si fondono inconsciamente con il presente. Lo spettatore riunisce le parti del passato di Travis attraverso le sue parole nel colloquio con la moglie e le confidenze che rivela al piccolo Hunter sulla propria famiglia di origine. Travis non riesce ad avere un atteggiamento protettivo, propriamente paterno verso il figlio (lo induce a telefonare ai genitori che lo hanno accolto per annunciare la sua partenza e a farsi carico della loro angoscia, ecc.), sembra considerare il bambino come un’estensione del proprio Sé, per una possibile mancata identificazione con il proprio padre (“Cerco il padre” diceva nelle scene in cui tentava di recuperare una dimensione paterna attraverso l’imitazione di un modello esterno). Porta nel cuore l’angoscia del pensiero ossessivo, delirante, paterno di avere una “moglie chic”e la convinzione, anch’essa delirante, dell’identità delle due Paris (del Texas e europea): “… mia madre era una donna semplice, buona..” dice al piccolo Travis-Hunter “..ma mio padre aveva quell’idea in testa, quasi una fissazone. Non la vedeva com’era, ma come voleva…la vedeva come una donna molto chic…l’aveva incontrata a Parigi. Più lui ci credeva, più lei ..”qui Travis vive un’intensa, dolorosa emozione “oddio! …moriva dall’imbarazzo…era così timida…” Si può quindi ipotizzare una trasmissione transgenerazionale di contenuti psichici non elaborati dalla psiche paterna nella psiche di Travis e che questi possa identificarsi con il padre unicamente attraverso il delirio e attraverso il proprio nome, identico a quello del padre. L’ossessione delirante del padre diverrà quindi in lui il devastante delirio di gelosia verso Jane, delirio che irrompe nella sua mente, determinando una frattura incolmabile nella relazione d’amore, già fragile per la parziale differenziazione dei due Sé. Anche la rottura del rapporto d’amore con Jane replica l’abisso di incomunicabilità tra le soggettività materna e paterna nella vita di Travis. Il dolore, patito ma non sofferto (elaborato), per l’impossibile incontro fra i suoi genitori e la dolente percezione del dolore della madre per essere non riconosciuta nella sua identità, viene rivissuto nella coppia: così come il padre, anche lui non riconoscerà l’amore della moglie e la sua fedeltà, sarà probabilmente proprio la riedizione del vissuto traumatico infantile a sconvolgere il suo animo e la proiezione del passato nel presente a trascinarlo in un universo confuso. La grande angoscia nella separazione da Jane (lasciò il lavoro per non separarsi mai più da lei) rivela, nella psiche di Travis, il rinvenimento in lei di un antico oggetto d’amore, materno, con cui rivivere una fantasia di fusione originaria, il sogno di un’appartenenza che avvolge e riscalda il cuore di chi non ha ancora se stesso. Inseguendo il sogno di un’appartenenza totale, che non accoglie distanze, il Sé di Travis, non ben definito, si è come sperduto nell’oggetto amato. Per ritrovare se stesso, costruì distanze attraverso il conflitto e il delirio. La nascita del figlio rivelò inconsciamente, allo sguardo incredulo di Travis, la fragilità della fantasia di fusione. L’impossibilità ad accogliere la realtà di un terzo, che rompeva la dualità idealizzata, con Jane, esitò il vissuto di tradimento, che divenne convinzione profonda. Il delirio rappresentava per Travis forse l’unico modo di porre ordine al caos interiore, alla inconciliabilità tra desiderio e realtà, ma sancì una separazione irreparabile da Jane, e il suo errare, lontano da sé. Manca, nel Sé di Travis, una “pelle” psichica, che filtri, “disintossichi” lo scambio con il mondo, e contenga l’identità, proteggendola. L’Io cercherà, quindi, all’esterno “oggetti-filtro” che lo distanzino dall’Altro, per permettere la comunicazione e lo scambio. Le scene in cui parla con Jane, attraverso il vetro unidirezionale e girando le spalle, sono altamente significative in questo senso, così come l’immagine in cui può comunicare ad Hunter i sentimenti più profondi solo attraverso una registrazione. La chiusura emotiva e il silenzio (ricordiamo le lunghe scene iniziali) hanno valore di distanziamento e proteggono anch’essi, quindi, il fragile Sé di Travis dal contatto con la realtà, divenuta così dolorosa da non poter essere trattenuta nella psiche, nel pensiero come nel sentire. La realtà fuggita all’esterno diviene vuoto o deserto interiore, ma lui sa che in quel deserto potrà di nuovo reincontrare la vita. Egli oscuramente percepisce, infatti, che la sua nascita psichica può avvenire solo in un ricongiungimento, nel profondo, di parti scisse internamente: egli ricostruirà il suo Sé a partire dal ritrovamento di una congiunzione originaria, nel punto del Texas in cui i suoi genitori si amarono, uniti: “…E’ il mio punto di partenza…” diceva a Walter, indicando la sua terra nel deserto. E’ verso tale punto che, forse, si dirigerà alla fine del film, dopo aver ricongiunto il figlio alla madre e quindi proiettivamente se stesso alla propria madre psichica. Avendo riparato una frattura affettiva, può riprendere il cammino che sembra non essere più un errare, ma assume la direzione di un viaggio interiore nella complessità della ricchezza del Sé. Dall’immagine tragica di chi erra nel desert come esito delle congiunzioni infrante, Travis è ora il poeta delle ricongiunzioni sognate: Parigi e il Texas.

 

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Nome spettacolo
  1. avatar Dott.ssa Maria Rita Ferrisays:

    Psicoterapeuta Psicoanalitico
    Formazione Psicoanalitica post Lauream
    “Ciò di cui vi parlerò segue le linee guida di una narrazione inconscia. Vi invito, quindi, ad ascoltare con quella parte della vostra mente che accoglie i sogni.”