L’adolescente è il poeta delle lontananze. La dimensione esistenziale della distanza e nostalgia del ricongiungimento scandiscono nel tempo Ie difese dal lutto per la perdita degli antichi oggetti d’amore da cui, separandosi, per inversione, il Se’ adolescente si percepisce abbandonato e dalla minacciosità percepita nei nuovi possibili legami. Nel distacco, la soggettività genera la memoria come spazio transizionale che preserva gli oggetti e offre spazio al Se’. La memoria inconscia, infatti, definisce un luogo psichico profondo in cui il legame rimane integro, pur se attaccato all’esterno. I primi oggetti d’amore trovano posto nel cuore (“ricordo” da cor-cordis) ma lo sgomento nasce dalla impossibile conciiiabilità tra tali rappresentazioni e gli oggetti reali. La continuità tra la rappresentazione dei legami (“struttura gruppale interna”) e la realtà degli scambi intersoggettivi viene bruscamente interrotta con drammatica lacerazione del sentimento di stabilità del Se’ e percezione della distintività tra spazi interiori e mondo esterno. Il fantasma di estraneità che vive nel corpo e nella mente è proiettato in un mondo che diviene improvvisamente inquietante e minaccioso. Nulla è più come prima. Tale è la dimensione del turbamento, ben rappresentato in Alice (Carroll 1865), sogno di un adolescente-bambino che cerca se stesso nel centro della terra. La caduta nel “pozzo” di Alice è, a mio avviso, un volo rovesciato, simbolo di una ascensionalità che, rivolta all’interno, diviene introspezione. L’immagine del coniglio (creatura dell’ombra), che Alice rincorre, è legata alla femminilità lunare, notturna, immagine del rinnovamento profondo e vivificante. La luna, come astro della periodicità, evoca il passaggio del tempo, immagine di ogni evoluzione, la transizione dalla vita alla morte per una nuova nascita (Eliade 1949,l9&). La mente adolescente rincorre fuori di se’, quindi, la sua stessa spinta interna, crepuscolare e pulsionale, alla vita e al cambiamento delle stagioni. Alice rincorre la luna per rovesciare il senso dei paesaggi infantili, rincorre se stessa, il suo doppio notturno in un viaggio senza dimora: ogni confusione è sofferta e tollerata in un corpo che cambia misrit’a e nella mente che gioca con l’Alterità, pur temendola, per scoprire in se’ la segreta risposta cercata nel viaggio. L’immagine del coniglio lunare rimanda a Ecate, dea greca dei crocicchi. Simbolicamente essi sono il luogo del passaggio, dove il sacro si manifesta e si rivela, dove il Se’ incontra il destino. (un crocicchio dà vita alla tragedia di Edipo). Il crocicchio dà forma all’incontro fra gli opposti, intersezione dei volti interni e sconosciuti della personalità. È la sosta dove il fare è sospeso, dove dimora l’ignoto (Soustelle, Dieterlen, Lebeuf, Mambeke-Bouchet, in Chevalier e Gheerbrant 1969). Il sentimento dei crocicchi è I’inquietudine. In essi è contenuta l’immagine della croce: simbolo cosmico del volo trasformativo terra-cielo, dell’espansione ed ascensionalità dell’essere (de Champeaux – Stercks in Chevalier et.al., 1969). L’intera Terra delle Meraviglie è un grande incrocio di cammini, dove non si incontra che I’Altenta, aspet’u di se’ e ciell’Altro sconosciuti e inquietanti. dove il riconoscimento che assicura il legame è negato, ogni appartenenza è infranta. La perdita di senso che immerge il Se’ produce in esso ciò che D.D. Winnicott definisce il “ritorno ad uno stato di inintegrazione” (Winnicott 1994 pag. l4), temporaneo e necessario, che muta l’incontro con il destino (Regina di Cuori) nella trasformazione individualizzante. Il paesaggio non ha strade che lo strutturino: I’adolescente Alice costruisce ia sua via attraverso l’ascolto interiore e il ritrovamento di buoni oggetti interni cui affidarsi per poter vivere l’angoscia, contenerla e trasformarla in capacità ludica. La parabola dell’individuazione trova forma nel linguaggio adolescente, permeato dalla musicalità e dai ritmi (tra protagonismo e chiusura) del narcisismo nascente. Il disinvestimento libidico dai primi oggetti d’amore, infatti, porLa nuovamente a investire sul Se’. La frontiera psicologica che il narcisismo costruisce per respingere altrove gli antichi e i nuovi oggetti, è rifugio dal dolore della nuova coscienza di separatezza, offre riparo ai sogni, permette la rèverie. Il Se’ cerca riparo dai venti dell’instabilità e si protegge, nella dimensione angolare del nuovo spazio psichico, dal fascino di ogni regressione e dal richiamo inquietante e irresistible dei nuovi oggetti. È lì che sviluppa identificazioni grandiose, costruisce l’immagine vibrante dell’Eroe che narra se stesso alla vita. Leggende solitarie in cerca di un ascolto lontano vivono nella letteratura del sogno. Esse offrono un orientamento al Se’ eroico e permettono I’apertura della frontiera narcisistica a nuove congiunzioni extraterritoriali tra il proprio Sé e I’Altro. Si crea così un’area intersoggettiva transizionale tra individuo e il mondo dove si costruiscono le immagini di possibili irrealtà. La circolarità degli affetti infantili si proietta nell’intersoggettività, nuovo cerchio emozionale in cui il timore diviene amicizia e I’aggressività (da ad gredior=andare verso) apertura. Il linguaggio eroico, criptico, delle origini, si apre al dialogo, sospingendo all’esterno del rapporto ogni immagine di minacciosa estraneità. È nella extraterritorialità del Se’ che l’attività del preconscio è stimolata ed attivata: la parola dell’Altro offre il significante all’enigma del soggetto, rende rappresentabile il trauma. I gesti della condivisione creano nuove continuità psichiche che offrono contenimento alla sofferenza, disegnano un percorso di sentimenti che sorregge il cuore nel distacco. Le parole con l’Altro descrivono l’architettura del viaggio. Il Sé adolescente rifugge infatti la stanzialità: è con l’Altro-i che sviluppa il suo nomadismo, sogna l’altrove, come il “sognatore di dimore” di G. Bachelard: ‘…1-.a caratteristica del sognatore di dimore è quella di essere alloggiato dappertutto, senza mai essere rinchiuso da nessuna parte, nella casa finale come nella casa mia reale, la réverie dell’abitare è maltrattata…” (Bachelard I975 pag. 86). L’unica dimora possibile per l’adolescente è a mio parere, “l’utopia” (da u-topos = non luogo), non come negazione della spazialità ma come fondazione di tutti gli spazi possibili. La notte, come altrove del giorno, diviene il luogo-réverie dell’abitare. La città, perduti i confini di luce che comprimono il Se’, diviene percorribile e ogni incontro notturno è anche I’incontro con un Se’ sconosciuto. Nella città sotterranea che si accende ogni notte I’adolescente lancia se stesso in un sogno di leggerezza, superamento di ogni gravità, verso la magia dell’altrove lunare. Nella dimensione notturna del Se’il lutto trova elaborazione. L’incontro con l’Altro (interno–esterno al Se’) permette la composizione tra desiderio e realtà, la percezione della non distruttività del proprio odio e il sentimento di voler preservare i buoni oggetti amati. La confusione tollerata esita nella mente un nuovo pensiero che articola le immagini e disegna le relazioni interne tra gli oggetti. La complessità del reale può ora rispecchiarsi nella psiche che lo attraversa. Il processo di integrazione che ricompone ogni necessaria, avvenuta scissione diviene sentimento di gratitudine. La réverie dell’infanzia si proietta nel mondo che diviene così percorribile. I processi di integrazione aprono nuovi spazi psichici in cui la sofferenza del crescere esita nella trasformazione dei fantasmi del passato in desiderio dell’Altro. Al termine del viaggio la rèverie dell’attesa, ora possibile, diviene innamoramento.
Psicoterapeuta Psicoanalitico
Formazione Psicoanalitica post Lauream
“Ciò di cui vi parlerò segue le linee guida di una narrazione inconscia. Vi invito, quindi, ad ascoltare con quella parte della vostra mente che accoglie i sogni.”